- Home
- Kevin J. Anderson
Slan Hunter Page 5
Slan Hunter Read online
Page 5
L'altro tecnico della squadra di soccorso arretrò, sbalordito da quanto aveva visto. Afferrò un'ascia da pompiere rossa fissata a un pannello laterale del veicolo. «Va bene. E ora di smetterla di usare le buone maniere con gli slan.»
Anthea si girò e usando la stessa misteriosa forza adrenalinica sfondò il portellone posteriore. Poi saltò giù nella strada reggendo il bambino con un braccio.
Il tecnico della squadra di soccorso le lanciò una filza di imprecazioni e si trascinò fino al portellone oscillante dell'ambulanza. «È una slan! Fermatela! Fermatela!»
Ma le strade erano piene di persone sporche di sangue che correvano in cerca di un riparo, mentre dal cielo calavano strani veicoli spaziali spigolosi, sganciando altre bombe. Anthea fuggì, scomparendo nel caos della zona di combattimento.
7
All'interno del palazzo di Kier Gray (tecnicamente il palazzo di John Petty adesso) tutto era in preda al caos. Ancor prima che le prime bombe cominciassero a cadere, sistemi di allarme perimetrali e preallarmi remoti avevano individuato il nemico che convergeva in orbita terrestre.
«Signor Petty!» disse un funzionario con gli occhi sgranati di nome Clarke. «C'è una flotta intera che sta arrivando... dallo spazio! Navi di tipo sconosciuto, sicuramente militari.» Nell'ultima ora il capo della polizia segreta aveva incaricato Clarke di monitorare i sistemi difensivi e gli analizzatori del centro di comando e controllo. Con tanti sporchi slan nascosti nell'apparato del governo, Petty non si fidava di nessuno che non fosse già un suo uomo.
Il giovane si chinò sugli schermi curvi, fece scattare degli interruttori a levetta e ruotò delle manopole per regolare la messa a fuoco del tubo catodico. Sotto l'arco esplorativo di un segnale radar, apparvero dei puntini.
«Sono veicoli spaziali, signore, navi da guerra. Seguendo la loro traietto-ria... sembra che provengano da Marte.»
«Invasori da Marte?» Durante tutta la sua carriera, il grande cacciatore di slan aveva cercato di scovare le loro basi segrete. Aveva scoperto e do-cumentato numerosi rifugi slan, ma sapeva di non poter spiegare dove fosse finita l'intera razza scomparsa di mutanti. Adesso era tutto chiaro. Dovevano avere abbandonato completamente la Terra per Marte, lasciandosi dietro solo qualche sbandato. .. o qualche spia.
Dopo le devastanti Guerre Slan, il genere umano, il genere umano puro,
aveva sviluppato la televisione e il radar, l'aviogetto, ma solo un programma spaziale frammentario, qualche satellite e progetti campati in aria di razzi. Molto tempo addietro la civiltà umana era assai più ambiziosa, voleva allargare i propri confini e avvicinarsi alle stelle. Le Guerre Slan avevano rovinato tutto quanto, facendo arretrare la civiltà umana di molti secoli.
Ma gli insidiosi slan dovevano aver mantenuto la loro tecnologia superiore. In tutti quegli anni in cui erano rimasti nascosti su Marte, avevano costruito la loro forza d'invasione.
"Proprio come ci aveva messo in guardia Gray!" Prima delle prime incursioni aeree slan, le guardie avevano portato il presidente deposto in una cella sicura del settore interrogatori. Non volendo lasciare Gray nelle vicinanze di Jommy Cross, John Petty aveva tenuto il presidente ben lontano dagli altri due slan in un reparto detentivo completamente diverso. Ma Petty non aveva deciso cosa fare a quel punto dei prigionieri. Doveva oc-cuparsene in prima persona.
«Attivate tutte le nostre difese. Adesso che abbiamo rivelato cos'è realmente Gray, gli slan cercheranno di liberarlo.»
«Ma abbiamo appena arrestato il presidente Gray» disse Clarke. «Se quelle navi provengono da Marte, sono partite giorni fa...»
«Non metterti a sottilizzare con me. Chiama i militari, e basta.»
Il tecnico si gingillò coi suoi interruttori e mostrò l'incredibile forza nemica in arrivo sul grande schermo. Rimase senza fiato di fronte a quello spettacolo. «Ehm, signore... dato che abbiamo arrestato il presidente Gray, e Jem Lorry è scomparso, chi ha l'autorità esecutiva necessaria? Chi comanda?»
«Comando io!» Petty alzò il mento. «È ora che qualcuno dotato di buon-senso, di un curriculum inappuntabile e di un pugno di ferro cominci a occuparsi della situazione.» Sembrava che stesse tenendo un discorso di campagna elettorale.
Petty passeggiò tra le postazioni indaffarate del centro di comando e controllo, ignorando il frastuono degli allarmi. «Radunate tutte le nostre truppe. Fate decollare i nostri apparecchi, mettete dei soldati sui tetti ai cannoni antiaerei. Ordinategli di abbattere qualunque cosa si muova.» Di-grignò i denti, quindi tornò a osservare i puntini sullo schermo. Le navi nemiche continuavano ad arrivare, come se Marte ne contenesse una quantità infinita.
Mentre le bombe cominciavano a piovere dal cielo, esplodendo nelle vie di Centropolis, forse in tutto il mondo, Petty capì subito che la Terra non aveva nessuna possibilità contro un attacco del genere. Avrebbe dovuto prendere provvedimenti non ortodossi, per quando detestasse farlo.
Il volto rosso di frustrazione, scelse le tre guardie più grosse e muscolo-se. «Seguitemi alla cella del presidente. Lo farò ragionare. E se non ci riuscirò, voi tre mi aiuterete a fargli cambiare idea.» Forse non erano uomini tanto intelligenti, poco più che sgherri, ma la mente sarebbe stata Petty. Gli occorreva solo qualcuno capace di rompere qualche osso, se necessario.
Il grande fracasso degli allarmi probabilmente causava più confusione e paura dell'attacco vero e proprio. Fuori il rimbombo lontano e smorzato delle esplosioni continuava, si udiva a stento per lo strepito incessante e tormentoso degli allarmi. Il nemico intendeva effettuare un'invasione in piena regola, e senza dubbio si sarebbe fermato solo dopo avere distrutto la maggior parte della città.
Nei piani superiori del palazzo, funzionari, personale e perfino alcuni visitatori politici correvano qua e là in preda al panico. Nelle strade regnava il caos. Le telecamere di controllo e i visori periscopici mostravano gran parte di Centropolis già in fiamme.
John Petty avanzò in fretta lungo tunnel illuminati a giorno e stretti passaggi, accompagnato dalle guardie. Voleva governare il mondo. Almeno per più di un paio d'ore.
Le sue guardie erano annate di pistole di grosso calibro dalla canna tozza. Una pallottola sparata da un'arma del genere avrebbe aperto nella vittima un foro delle dimensioni di un pompelmo. Di rado la polizia segreta si preoccupava di ferire semplicemente un prigioniero slan. Ora come ora le guardie avrebbero dovuto limitarsi a usare dei randelli, forse addirittura pungoli elettrici. A Petty il presidente slan serviva vivo.
Gli sgherri corpulenti si fermarono quando Petty si arrestò davanti alla cella del presidente. All'interno Gray camminava avanti e indietro e suda-va, smanioso di uscire. Vedendo il capo della polizia segreta, si precipitò accanto alle sbarre. «Perché non mi hai dato ascolto? Devi lasciarmi uscire.»
«Io non devo fare nulla, tu sì, invece. Ricorda chi ha tutte le carte in ma-no.»
«Avrai in mano solo un po' di macerie se non risolviamo il problema.»
John Petty fece segno di malavoglia alle guardie di azionare il meccanismo di apertura della cella. La porta a sbarre scorse di lato sferragliando, e il cacciatore di slan entrò nella camera di sicurezza seguito dai suoi tre uomini. «Gli slan stanno bombardando la nostra città. Dimmi in che modo possiamo combattere contro di loro.»
«Quelli non sono veri slan. Sono i nostri fratellastri, slan senzantenne prodotti secoli fa per muoversi inosservati in mezzo all'umanità. Adesso intendono distruggere entrambe le nostre razze.» Quando Petty corrugò la fronte scettico, il presidente deposto insisté. «Sono i senzantenne quelli che dovreste temere, non noi. Si sono infiltrati nei vostri mezzi d'informazione, nelle vostre società di servizi pubblici, nelle vostre reti di trasporto.»
«Stai cercando di farmi diventare paranoico.»
«Lo sei già abbastanza di tuo.»
«Perché degli slan dovrebbero odiare altri slan, sia che abbiano le antenne sia che non le abbiano?»
«Molte azioni vergognose sono state commesse da ambo le parti, e nel frattempo gli umani non si accorgevano di nulla. Samuel Lann, il padre di tutti gli slan, ci ripudierebbe tutti dal primo a
ll'ultimo se fosse qui.»
Un uomo basso dall'aria scialba arrivò a precipizio lungo il corridoio, trafelato. Indossava l'impeccabile uniforme grigia e la fascia al braccio blu del personale di servizio del palazzo, un messaggero. Stringeva in mano un pezzo di carta. «Signor Petty, presidente Gray... ehm, chiunque comandi.
Ho un messaggio urgente! Notizie.» Si arrestò, sbandando, il respiro affannoso. Era rosso in viso per lo sforzo della corsa.
Le tre guardie squadrarono torve lo scialbo messaggero. Petty disse:
«Be', sentiamo queste notizie allora!»
«Jommy Cross e Kathleen Layton sono fuggiti. Quei due slan hanno tagliato la corda!»
Il presidente intravide una possibilità. Mentre gli altri erano sbigottiti dall'annuncio, Gray balzò dalla branda e serrò le mani attorno al collo grosso di Petty. L'impeto del gesto spinse indietro il corpulento cacciatore di slan. «Pezzo di stupido, hai portato alla rovina tutti quanti! Avremmo potuto organizzare la difesa in tempo. Adesso quante migliaia, quanti mi-lioni di persone moriranno?»
Due sgherri di Petty ghermirono le braccia del presidente, lottando con tanto accanimento che gli strapparono la camicia, ma alla fine riuscirono a staccargli le mani dalla gola del capo. Petty tossì e boccheggiò. Sul suo collo spiccavano grandi segni rossi. «Come... osi!»
«Per ottenere la vera vittoria, si deve osare parecchio.» Era la voce di una delle tre guardie rozze e brutali. Quell'individuo sembrava inaspettatamente erudito.
Strofinandosi gli occhi appannati, Petty si girò verso l'uomo che adesso aveva assunto un atteggiamento aggressivo, drizzando le spalle ampie, la pistola di grosso calibro in mano. La canna tozza era puntata proprio contro John Petty.
«Che succede?» La laringe lesa non consentì a Petty che un rantolo stridulo.
La guardia continuò a comportarsi in modo strano. «Quando avrò ucciso te e Kier Gray, gli umani non avranno neppure un filo di speranza. Nessuno potrà guidarli.» La pistola era ben salda.
«Tu... tu sei uno di loro!» gracchiò Petty.
«La vittoria dei senzantenne è certa.»
Con un rumore esplosivo, lo sparo echeggiò nella cella, ma lo sgherro corpulento barcollò appena, poi fissò sbalordito il foro rosso, bagnato e grande come un pompelmo, che gli si era aperto nel petto.
All'esterno, tremando accanto alla porta della cella, il mite messaggero teneva la propria arma con mani malferme. La detonazione sembrava averlo assordato, mentre il rinculo per poco non lo aveva fatto cadere a terra.
«Loro... mi hanno detto che dovevo venire armato a comunicare il messaggio.» Batté le palpebre, non sapendo bene a chi dovesse rivolgersi per spiegare la cosa.
John Petty si lasciò cadere in ginocchio, stanco e disorientato. «Uno slan... addirittura tra gli uomini della mia polizia segreta!»
«Non uno slan» insisté Gray. «Non essere ancora più stupido di quel che sei già. Voleva uccidere anche me, non solo te. Guardagli dietro la testa. È
uno dei senzantenne.»
Le altre due guardie, scosse, afferrarono la testa del traditore, tastarono gli ispidi capelli scuri ma non trovarono nessuna protesi, nessun trucco, nulla che coprisse i segni rivelatori di uno slan travestito.
Mentre agonizzava soffocata dal suo stesso sangue, la vittima dimostrò una forza considerevole, capacità di recupero slan. «Non avete una sola possibilità contro la mia razza.» Poi, morì.
Petty fissò truce le due guardie rimanenti, quasi temesse che anche loro potessero estrarre le armi e aprire il fuoco. Asciugò con le dita le goccioline di sangue schizzate sulla sua uniforme pulita, poi si girò di scatto verso Gray seduto sulla branda. «Dicevi la verità.» Dal tono sembrava un'accusa.
«Dicevi la verità! Ci sono davvero degli slan senzantenne.»
«Sono quelli che avreste sempre dovuto temere» ribadì Gray.
Petty uscì dalla cella e fece dei cenni alle guardie. «Portate fuori il corpo, e lui mettetelo di nuovo sotto chiave» si rivolse allo stupefatto e mite messaggero. «Tutti e tre, state qui e sorvegliate Gray.» Quell'informazione cambiava tutto. «Devo tornare al centro di comando e controllo. Avremo bisogno di nuovi piani di combattimento.»
8
Jommy e Kathleen fuggirono. All'esterno l'attacco sembrava aumentare di intensità.
I piani sotterranei del grande palazzo erano un labirinto di corridoi, sale, stanze indipendenti schermate simili a piccoli caveau. Secoli addietro, i conquistatori slan avevano progettato e costruito quell'immenso edificio durante il loro breve regno sull'umanità. Dopo tanti governi successivi, Jommy dubitava che qualcuno, perfino il presidente Gray, conoscesse l'e-stensione di tutti i passaggi e delle stanze sotterranee segrete.
Jommy si chiese se ci fossero anche sale per gli interrogatori e camere di tortura lì sotto. Quante volte lo stesso Gray aveva usato quelle celle di prigionia?
A ognuno degli innumerevoli settori sotterranei si accedeva mediante un protocollo di sicurezza diverso. Anche i lavoratori esperti potevano facilmente smarrirsi nella disorientante struttura colossale, grande quanto una piccola città. I due fuggiaschi adesso sfruttavano tale configurazione a proprio vantaggio.
Dopo essere evasi dalle celle continuarono a correre sbirciando dietro gli angoli, percorrendo a rotta di collo tratti scoperti, provando ad aprire porte che erano chiuse a chiave o comunicavano con stanze vuote o semplici uffici. Le sirene suonavano a tutto volume. Spie luminose color magenta lampeggiavano nei corridoi segnalando un'evacuazione, chiamando la sicurezza e dando l'annuncio superfluo dell'invasione.
«Dobbiamo trovare il presidente Gray.» Kathleen esitò, quindi soggiunse: «Dobbiamo trovare mio padre. »
«Lo troveremo» Jommy le strinse la mano. «Potrà sembrare un'impresa impossibile, ma la gente ha sempre temuto noi slan per le nostre capacità.
Tanto vale dargli qualcosa da temere.»
Una grande sala aveva finestre per pareti. Dentro quindici sedie circondavano un lungo tavolo consigliare. Schermi di computer in bianco e nero erano incassati nella superficie di legno. «Dev'essere un centro di comando e controllo secondario.» Jommy si guardò attorno perplesso. «Ma è deserto. Nemmeno una squadra di supporto. E l'emergenza?»
Kathleen studiò la stanza. «Nel palazzo probabilmente ci sono almeno venti stanze come questa. Il governo è diviso in compartimenti, ognuno con aree di responsabilità separate. Il presidente e i suoi vari consiglieri non si fidano l'uno dell'altro nel migliore dei casi, e adesso che ci stanno attaccando...» lasciò la frase in sospeso. «Scommetto che ci sono un sacco di cose che neppure John Petty sa riguardo al palazzo.»
Jommy stava per continuare la ricerca della posizione di Kier Gray, ma Kathleen lo richiamò. La ragazza tirò una sedia davanti a uno degli schermi in bianco a nero. «Aspetta, Jommy... aiutami. Noi due possiamo capire come funzionano questi sistemi. Cercheremo dove hanno portato mio padre.»
Lui la raggiunse all'estremità del tavolo, guardando il tubo catodico più grande. Del testo scorreva sugli schermi: rapporti di danni, forze nemiche stimate, numero probabile di vittime. Del nastro di carta frusciò in un lettore e un rapporto della situazione in stampatello apparve sullo schermo curvo.
Kathleen fece scattare alcuni interruttori poi, servendosi della tastiera, batté lunghe serie di comandi. Sullo schermo apparve un intrico di linee.
Kathleen ruotò una manopola, regolando la messa a fuoco. «Ecco! Una mappa.» Schemi di un piano dopo l'altro dell'immenso fabbricato comparvero, tutti sovrapposti.
La ragazza li separò finché non ebbe ottenuto centinaia di immagini.
Ognuna occupava tutto lo schermo di un computer, ognuna mostrava un piano di un'ala. Kathleen passò di schermo in schermo, cercando così velocemente che le piante dei piani divennero macchie sfocate. Grazie alla memoria eidetica posseduta da tutti gli slan, Jommy e Kathleen erano in grado di scattare un'istantanea mentale di ogni immagine.
Jommy era sbalordito. «Non mi sono mai reso conto della vastità di questo posto. Il grande palazzo copre l'intero profilo di Centropolis. Dopo che mia madre è stata u
ccisa e sono andato a vivere con la vecchia Nonna, guardavo oltre i tetti e vedevo il bellissimo palazzo. Era come qualcosa preso da una favola, con quelle sue luci e torri meravigliose. Mi faceva pensare alle grandi cose che la gente può realizzare se collabora... mi faceva pensare che è molto più bello costruire qualcosa che non distruggere.»
Jommy si piegò sullo schermo. «È incredibile. Quello che vedevo in superficie è a malapena la punta dell'iceberg. Il palazzo scende in profondità come le radici di un albero immenso. Ci sono tunnel e pozzi di accesso, come quelli che ho usato io per entrare qua dentro.» Lanciò una rapida occhiata a Kathleen. «Il mio veicolo ci aspetta nella foresta al di là del fiume.
Se solo riuscissimo a raggiungerlo...»
Kathleen passò a un'altra immagine, e a un'altra ancora, continuando a cercare i settori di detenzione della polizia segreta. «Non senza mio padre.
Dobbiamo salvare il presidente. Chi altri potrebbe guidarci in questo periodo di crisi?»
Jommy allungò la mano e l'abbracciò. «Sono fiero di te per aver detto questo.» Poi abbassò lo sguardo, scoraggiato dalle centinaia di schermate di piante di piani. «Ma come faremo a trovare tuo padre in un labirinto del genere? La sua cella non era affatto vicino alle nostre.»
Kathleen mosse le dita ticchettando sulla tastiera. Delle punte metalliche vibrarono sul nastro di carta. Quando una lingua di carta uscì dalla fessura della stampante, la ragazza la strappò via. Guardò i numeri, quindi annuì.
«Almeno gli uomini di Petty sono efficienti, hanno registrato la carcera-zione di mio padre. Questa è la mappa che ci serve. Troverò il settore esat-to.»
Mentre Jommy si concentrava sulla pianta che cercavano, Kathleen individuò il numero del piano, il corridoio e perfino il numero della cella in cui era stato condotto il presidente Gray. Esaminando mentalmente le informazioni raccolte, Jommy stabilì quale fosse il percorso migliore per arrivare là. «Possiamo servirci delle vetture di trasporto interno.»